Articolo-Emergenza Covid-19 effetti a lungo termine
Di seguito vi propiniamo l’estratto di un interessante articolo sugli effetti a lungo termine legati all’emergenza Covid-19 . Funzionamenti pregressi alterati e l’intervento psicologico di tipo Funzionale.
a cura della Dott.ssa Rosa Iannone
Psicologa Psicoterapeuta Funzionale
ESTRATTO DELL’ARTICOLO
INTRODUZIONE
Dallo stress e suoi correlati alla patologia: i rischi dovuti alla paura e all’isolamento sociale. Una società globalizzata come la nostra, in cui gli scambi hanno assunto rilevanza planetaria, viene messa a soqquadro da un nemico piccolo, invisibile e sconosciuto.
Una paura incontrollabile
Questo è uno stress elevato e collettivo dove il timore è quello di soccombere proprio sulla base del principio della sopravvivenza, la relazionalità, che sembra minacciata e lesa. La reazione più diffusa è la paura, e anche se di base essa ha funzione protettiva, una paura che tiene alti i livelli di arousal perde la sua funzione. Questo tempo di coronavirus ha alimentato una “paura a scossa continua”, un movimento tellurico che produce percezione di vulnerabilità e costituisce la base per una condizione di ansia e allarme che si cronicizza; condizione che “invita” ad attivare cronicamente il Funzionamento del Controllo senza poterlo più disattivare, senza poter passare dal controllo sano e momentaneo a momenti di allentamento, di pausa, di disattivazione.
Tra le conseguenze causate dal coronavirus e dalle misure atte ad arginare i contagi si presume che i problemi di salute mentale a breve e a lungo termine potrebbero rappresentar un’urgenza anche peggiore del virus stesso, con molta probabilità assisteremo ad una emergenza psicologica, ad un virus psicologico.Gli elementi, le dinamiche, e soprattutto i Funzionamenti interni da considerare da parte nostra, psicologi, operatoridella salute psicofisica sono svariati e aprono svariati scenari.
“Sentirsi protetti”
Come psicoterapeuta Funzionale mi chiedo come poter offrire aiuto: noi lavoriamo sui Funzionamenti di fondo della persona non solo sul vissuto o sul sintomo ma sulle sue radici e quindi la mia risposta è quella di “esserci”,come presenza contentiva, tranquillizzante. In prima analisi, quindi, un aiuto sullaProtezione: perché uno dei Funzionamenti che vacilla è quello dell’Essere tenuti con sfumatura protettiva. In una condizione di pandemia si attivano paure arcaiche come quella del buio, dell’estraneo.
Come il bambino che teme scenari catastrofici il bisogno di fondo è essere protetti: chi è questo virus che si nasconde nel buio?
Accade che talvolta ha paura anche il genitore ma fornisce al suo bambino strategie tranquillizzanti, non false, non fantastiche, egli stesso attiva dentro di sè risorse di protezione, di accudimento che svolgono funzione protettiva per la prole. E così in una situazione emergenziale, dove il pericolo è strisciante, nella quale è difficile individuare correttamente cause e predisporne rimedi adeguati, lo psicologo, lo psicoterapeuta deve cercare di produrre una condizione di maternage protettivo.
Gestire la paura del contagio
Per effetto di un perdurare nel tempo di questa situazione la paura può debordare e divenire patologica, sfociare in ansia, panico e correlati, può evolvere in paura dell’altro e dar luogo a condotte di isolamento. Gli effetti da deprivazione sociale prolungata potrebbero generare forme psicopatologiche anche molto serie come il disturbo da Stress Post Traumatico.
Dobbiamo inoltre tener conto della complessità dei rapporti tra stress, emozioni e reazioni immunitarie. Il sistema immunitario umano è particolarmente sensibile a stimoli stressanti di natura emozionale. Esso, collegato con il snv e il sistema endocrino, ha compiti difensivi ed è anche un sistema relazionale. Da più riscontri scientifici si è chiarito lo stretto collegamento tra stress cronico e inefficienza del sistema immunitario e la letteratura clinica è vastissima sul rapporto etiopatogenicotra stress emozionale e malattia.
Lo stress prolungato sensibilizza la risposta dell’asse HPA a IL-1β, deprime la risposta immunitaria e innalza i livelli plasmatici degli ormoni dello stress (cortisolo, GH, prolattina). Le risposte infiammatorie contribuiscono al danno cellulare a le citochine proinfiammatorie, infatti, sono implicate nella genesi delle patologie, anche di depressione e ansia.
I sistemi integrati
Questi cenni evidenziano come sia assolutamente fondamentale intervenire in qualche modo ad interrompere la risposta infiammatoria. Medicina, psicologia, neuroscienze, hanno chiarito che la persona è una unità inscindibile e integrata; e questa è la concezione fondante alla base del Neo-Funzionalismo.
Oggi si parla di discipline multiple, che cercano di mettere insieme vari punti di vista, come, ad esempio, la psico-neuro-endocrino-immunologia.
Tale tematica viene affrontata dal Neo Funzionalismo con lo studio dei Sistemi integrati dell’organismo (L. Rispoli); i Sistemi dell’organismo sono interconnessi e profondamente integrati sin dalla nascita, come dimostrano le nuove conoscenze sul neonato e anche quelle relative al periodo prenatale, così come gli studi sulle relazioni mente-corpo non lasciano più spazio a separatismi.
Imparare a respirare è fondamentale
A livello operativo ne consegue che il Neo-Funzionalismo agisce con le sue tecniche psico-corporee su tutti i livelli e piani dell’organismo. La terapia Funzionale utilizza ad esempio la respirazione diaframmatica, nucleo centrale del lavoro Funzionale, e gli effetti di essa oltre che produrre nell’organismo sensazioni di allentamento del dolore, di piacevolezza, di benessere, incide positivamente sui neurotrasmettitori ed ormoni.
Vengono inoltre utilizzate tecniche che hanno lo scopo di allentare la muscolatura, che negli stati di paura diviene cronicamente tesa e così si va ad agire sul Funzionamento del Lasciare, del disattivare l’allarme e sull’allentare il controllo. Carenze e alterazioni dei Funzionamenti di fondo producono disagi e sono alla base di malattie fisiche e psichiche: si ammala l’intero organismo ed è ciò che ho cercato di osservare e trattare anche in questa situazione emergenziale.
Distanza sociale: se diventa assuefazione?
Afferma il Neo Funzionalismo con i suoi studi, osservazioni e ricerche che l’individuo nasce con capacità relazionali disponibili e durante l’infanzia esperisce esperienze basilari di relazione con l’ambiente; è ovvio, quindi che la matrice profonda dell’essere umano è relazionale. Come contraddizione alla relazionalità innata e basilare per la vita oggi ci viene prescritto il distanziamento sociale a causa del covid-19. Stiamo vivendo quindi un paradosso: per continuare ad esistere dobbiamo fare a meno di ciò che in fondo ci caratterizza.
Un circolo vizioso ci attanaglia: la paura di contrarre il virus e il conseguente distanziamento, queste sono possibili condizioni di stress cronico, che potrebbero peggiorare le condizioni del nostro sistema immunitario e renderci più vulnerabili anche allo stesso coronavirus.
L’OMS dichiara la solitudine come malattia del nostro tempo. In linea con questa posizione sono i risultati di una metanalisi (Holt-Lustand, Smith e Layton 2010), che rivelano come la mancanza di relazioni sociali sia un fattore di rischio importante sulla mortalità. Studi evidenziano che vi è una connessione diretta tra solitudine e morte prematura.
- Winfrey, che si interessa di tendenze e di bisogni, qualche anno fa appoggiò un’iniziativa salutista che si chiamava “Just say hello”: ti basta salutarmi, dirmi ciao, non ignorarmi, la solitudine si può sconfiggere anche con due parole scambiate mentre stai in fila alla cassa del supermercato.
Il senso di solitudine stava già diventando un’epidemia prima del tempo di covid-19 con relazioni sociali che si stanno plasmando ai social, al virtuale, tanto da generare nuove figure di business come gli influencer. In correlazione si evidenzia lo sviluppo di patologie psicofisiche. Diversi studi PNEI affermano che uno strumento di cura fondamentale che “disinfiamma” è la relazione tra esseri umani. Siamo di fronte ad una grande contraddizione e bisogna intervenire sul sistema Sé in maniera profonda, sui suoi Funzionamenti alla base dei sintomi.
Osservare e intervenire in ottica Funzionale
Quali saranno gli effetti sociali della pandemia?
Se la paura portasse ad una abitudine al distanziamento dagli altri? Esiste il rischio post pandemia che si instauri una maggiore tensione relazionale, maggiore diffidenza, maggiore preoccupazione su ogni forma di contatto corporeo con ovvie conseguenze.
Come possiamo prospettarci la qualità delle relazioni sociali?
Le persone rinunceranno all’abbraccio o alla mano sulla spalla che produce emozioni e ormoni di benessere, che ci rende parte di una comunità, che porta sollievo nei momenti di sconforto e che preserva i Funzionamenti del Contatto, della Condivisione, della Tenerezza e Necessità dell’altro?
Questo microscopico nemico ha il potere di frammentare e sgretolare certezze ed equilibri probabilmente già precari, reazioni diverse si sviluppano sulla base dello stato dei Funzionamenti di fondo di ciascun individuo; possono emergere disfunzionamenti già corrotti o collassare quelli già deteriorati da esperienze infantili.
Già lo sviluppo di tecnologie quali app di messaggistica, social e piattaforme di comunicazioni stavano conducendo ad una distorsione del Funzionamento del Contatto. Andavamo verso il narcisismo del soddisfacimento dei propri bisogni, già si era rarefatta la capacità di Condividere, di avvertire la Necessità dell’altro; si avvertiva già la tendenza verso una dimensione di chiusura, di paura del confronto, il rischio è anche di maggior aggressività. Chiederci se tutto questo possa esasperarsi è di fondamentale importanza per tentare di prevenire ulteriori alterazioni di massa, bisogna intervenire su quei Funzionamenti che più facilmente si potrebbero inquinare ad opera di solitudine e paura.
È facile supporre che chi era già in difficoltà ne risentirà maggiormente.
Molto probabilmente le difficoltà relazionali di chi aveva già carenza al Contatto, alla Condivisione, a fare Alleanza, a sentire la Necessità dell’altro, a Fidarsi potranno acuirsi, cioè i Funzionamenti che risultavano già carenti rischiano di diventare ancora più limitati. Per mettere in atto strategie di aiuto è necessario un’ottica per inquadrare il disagio. A noi psicologi il compito responsabile di essere in grado di comprendere per fronteggiare non solo l’emergenza ma più ancora la cronicità .Il trattamento deve fondarsi sulla base delle radici del malessere, dobbiamo valutare il funzionamento complessivo non basato né sui sintomi né sui comportamenti, ma sui Funzionamenti, e fornire alle persone in emergenza esperienze correttive e contenitive.
La terapia è concepita, quindi, come direttiva nel senso che il terapeuta non lascia accadere le cose casualmente ma se ne assume completa responsabilità e direzionalità, deve sapere esattamente dove vuole condurre il paziente con l’ausilio di metodi rivolti all’unitarietà della persona, rivolta a tutti i suoi piani e livelli psicocorporei.
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