I Disturbi in Gravidanza: la Nausea
A cura di Paola Barbara Bovo
Direttore Scuola di Psicoterapia Funzionale
Studi più recenti resi possibili anche da moderne tecnologie hanno spostato man mano indietro l’attenzione delle ricerche sull’età evolutiva: al neonato prima e alla vita fetale intrauterina poi.
Da queste ricerche emerge in maniera sempre più evidente l’esistenza di una relazione intensa tra bambino e ambiente già in questo periodo di vita.
Ne discendono due ordini di conseguenze: innanzitutto lo strutturarsi del rapporto tra madre e bambino già durante lo svolgersi della gravidanza, con le conseguenze che questo comporta sia per l’uno che per l’altra; in secondo luogo gli effetti che una buona gravidanza ha sul bambino anche a lunga distanza dopo la nascita.
Ci occuperemo in questo secondo articolo dei problemi della madre e in particolare di alcuni disturbi che insorgono in gravidanza.
Per la madre la nuova condizione comporta l’accettare in modo positivo cambiamenti e modificazioni dello stato abituale che la coinvolgono in maniera molto profonda a tutti i livelli (fisiologico, chimico-ormonale, posturale, emotivo). Trasmettere l’esistenza e l’energia vitale a un altro essere che va formandosi dentro di sé, implica di dividere qualcosa con l’altro, far spazio al proprio interno, essere in grado di dare una parte di se stessi e della propria energia con sufficiente tranquillità e consapevolezza di averne abbastanza. Altrimenti la condizione che si può instaurare è quella di una forzata concessione, una rassegnazione a sentirsi sottratte forze, sostanze ed energie, che costituisce una delle basi su cui si possono innescare quelle turbe psicofisiche così frequenti (quali nausea, vomito, astenie, insonnia), riconosciute da tempo come non strettamente organiche.
Per fare un esempio concreto, quello della nausea, possiamo dire che, al di là degli effetti dovuti all’aumentato tasso degli ormoni della gravidanza, abbiamo sempre potuto constatare attraverso la Psicologia Funzionale la connessione tra respirazione, mobilità del diaframma e nausea. In effetti sia negli uomini che nelle donne, quando il muscolo diaframmatico è particolarmente teso e le sue inserzioni irrigidite e ferme, indurre respirazione e movimento può produrre l’istaurarsi di nausee, che scompaiono solo al ripristino di una maggiore mobilità, con un respiro più verso il basso e addominale.
Anche il collo e tutti i suoi fasci muscolari (in connessione con i labirinti e il sistema dell’equilibrio) sono coinvolti nel meccanismo della nausea, o quando in condizioni di cronico irrigidimento si inducono movimenti a cui la persona non è abituata, o quando si ha un aumento del tono muscolare, del trattenere, pur continuando a compiere i movimenti abituali.
Quest’ultima evenienza si ritrova nelle donne in gravidanza, che modificano sensibilmente l’atteggiamento corporeo trattenendo i propri movimenti ancora di più, evitando sobbalzi eccessivi o bruschi, mutando assetto ed equilibrio come a proteggere la nuova condizione percepita come delicata, e nello stesso tempo a proteggersi dal nuovo e dall’estraneo che sta irrompendo. Quest’atteggiamento è soprattutto a carico del collo e delle spalle, contribuendo così come abbiamo detto, al fenomeno della nausea. Esso inoltre va intensificandosi sempre di più anche per il modificarsi progressivo della posizione eretta della donna incinta che, per controbilanciare il peso della pancia, non riuscendo molto spesso a ruotare in avanti il bacino, va spostando la schiena all’indietro e di conseguenza collo e attaccatura delle spalle in avanti.
Ne deriva quella ben nota sintomatologia delle braccia e mani addormentate, dovute alla compressione sui tronchi nervosi e vascolari, a una cattiva circolazione sanguigna, a scarsa ossigenazione, eccessiva staticità dei tessuti sia superficiali che profondi.
Con la Metodologia Funzionale si può intervenire in maniera molto efficace e molto specifica su tutti i disturbi della gravidanza, non solo su questi due esempi citati, poiché si arriva alle fonti di questi complessi meccanismi psicofisici, attraverso metodologie sperimentate e verificate da oltre 30 anni e continuamente in arricchimento, Non si sottolineerà mai abbastanza la diversità di queste tecniche rispetto a quelle che oggi sono più comunemente utilizzate ma estremamente più superficiali o limitate.
Non si tratta infatti soltanto di rilassare, o di intensificare un po’ la respirazione, o di rassicurare, o di trovare qualcosa che tamponi parzialmente l’emergenza del travaglio e del parto. Si tratta invece di modificare lo stato con cui la donna affronta tutta l’esperienza, fino alla nascita del proprio figlio, riportandola per quanto è possibile a quelle condizioni di naturalità e di evento fisiologico, caratterizzati cioè da facilità e serenità nell’affrontare l’intero periodo, da mancanza di disturbi o da sintomi particolari, da sofferenze limitate in intensità e durata al momento del travaglio e del parto.
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