Il Modello della Psicologia Funzionale – Scuola di Psicoterapia Funzionale
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La Psicologia Funzionale, con la psicoterapia funzionale, sono metodi operativi del neo-funzionalismo, un’area scientifica di pensiero ideata e messa a punto dagli anni ’70 in poi da Luciano Rispoli, psicoterapeuta italiano. Sviluppatasi in connessione con le altre discipline scientifiche negli ultimi 30-40 anni, guarda l’organismo umano nella sua complessità e unitarietà, l’intero Sé senza frammentarlo in parti e in istanze contrapposte. Per il modello della psicologia funzionale il Sé è una organizzazione di funzioni psico-corporee, tutte esistenti ed integrate sin dalla nascita, tutte egualmente importanti: nessuna è gerarchicamente superiore e nessuna gestisce tutte le altre in senso piramidale.
La Storia
La Psicologia Funzionale (così definita perché prende in considerazione sia le funzioni e sia i funzionamenti di base della persona) affonda le sue origini in diverse aree:
- Il primo funzionalismo della Scuola di Chicago;
- Gli studi sul rapporto mente-corpo e il funzionalismo di [[Wilhelm Reich]](1927, 1942);
- Gli studi psicofisiologici di Gellhorn (1967), di Selye sullo stress (1974, 1976); di Laborit sull’inibizione di azione (1979) di Hinde (1972, 1974, 1979);
- Le tecniche di movimento, motricità, e acquisizione di consapevolezza, (come ad esempio quelle di Feldenkrais (1971);
- Le teorie del Sé: Kohut H. (1959-78, 1971, 1977) Stern D.N. (1977, 1985);
- I contributi delle nuove frontiere della ricerca (capacità e caratteristiche del bambino nella fase pre- e neonatale, le ultime scoperte delle neuroscienze, la psico-neuro-endocrino-immunologia).
Il primo Funzionalismo nacque sulla scia dell’evoluzionismo e si mosse nell’ambito filosofico, psicologico, antropologico e pedagogico. Gli inizi del funzionalismo psicologico coincidono con la nascita della Scuola di Chicago che inizia con le idee innovative di interconnessione tra emozioni, funzionamenti della mente e apparati fisiologici della persona di William James, di Dewey (1896), e prosegue con i contributi di Angell (1907) che stilò il manifesto del funzionalismo, e gli apporti di Granville Stanley Hall e James McKeen Cattel. La Scuola di Chicago vide interrompersi il suo sviluppo perché la psicologia americana si mosse verso direzioni strettamente pragmatiste con Watson e il Comportamentismo.
Il Funzionalismo attraversò, dunque, un periodo di stasi, ma negli anni Venti e Trenta riprese piede con la visione olistica dell’antropologia contemporanea (Malinowsky, Durkheim) e la psicopedagogia di Edouard Claparède, il quale elaborò la “legge funzionale del bisogno“.
L’altro ramo da cui si originò la psicologia funzionale furono gli studi sul rapporto mente-corpo e in particolare le idee e il pensiero di Wilhelm Reich con il concetto di identità funzionale tra psiche e soma che non vengono più visti come concetti separati, ma come parte dello stesso organismo. Secondo Reich, quindi, è indispensabile in psicoterapia agire anche direttamente sul corpo per poter ottenere risultati stabili, altrimenti le alterazioni somatiche possono retroagire e riportare alla patologia; è, quindi, utile considerarli entrambi ai fini di un intervento terapeutico pieno e completo. Bisogna, inoltre, citare i contributi di altri autori che hanno influenzato il pensiero funzionale: Ferenczi (1926) con la sua tecnica attiva (1926), Jung e le strutture archetipiche nella concezione del Sé, Adler e il suo Sé creativo, Alexander (1948, 1956) e l’esperienza emozionale correttiva, Winnicott (1958) e il concetto di psiche-soma unitario originario, Balint (1968) e la necessità del contenimento in terapia. Il neo-funzionalismo, in aggiunta, riprende, rielaborandoli in una teoria complessiva e completa, pensieri come quelli della Psicologia dell’Io (Hartmann, 1939, 1964; Kris, 1952), della Psicologia del Sé (Kohut, 1971, 1977, 1984), della Psicologia interpersonale (Stern[4], 1985; Gill, 1984); concetti come quello di continuità del Sé di Kennan (1989), di soddisfazione dei bisogni di Casement (1990); dell’importanza del tocco in terapia (This, 1985); nonché l’idea di Basch (1988) che ipotizza che le conoscenze acquisite in ogni modello terapeutico debbano essere integrate in una teoria generalizzata di psicoterapia.
Infine è necessario considerare l’apporto delle altre discipline scientifiche che indagano la relazione corpo-mente, le quali hanno contribuito ad approfondire i concetti generali del funzionamento della persona e sono state utilizzate per la costruzione di una teoria complessiva del Sé: studi sul comportamento non verbale (Ekman e Friesen (1968, 1969), le ricerche sulla perinatalità (Bowen, 1977; Eimas, 1971; Eisemberg, 1969; Hayes, 1965; Hutt, 1968; Odent, 1986), gli studi sulla dimensione spaziale (Hall, 1966), l’etologia (Hinde, 1972, 1974; Lorenz, 1949, 1966), l’holding (Tinbergen, 1983), le ricerche sull’integrazione non verbale (Argyle, 1975), gli studi psicofisiologici (Selye, 1974, 1976).
La Teoria del Neo-Funzionalismo
Nell’ottica Funzionale si supera la dicotomia corpo-mente, individuando tutte le funzioni che costituiscono il Sé : non solo quelle cognitive, simboliche ed emotive, ma anche il sistema sensoriale e percettivo, il sistema motorio e posturale, quello neurovegetativo e il sistema neuroendocrino.
Il Sé, dunque, è visto come un’organizzazione di funzioni non sedimentato in istanze distinte e separate, ma nella sua unitarietà e complessità, scendendo al contempo sulla concretezza di piani e livelli su cui è possibile operare. Le funzioni, egualmente importanti e non gerarchicamente strutturate, sono presenti tutte fin dalla nascita, integrate profondamente tra di loro. Le varie funzioni possono essere lette in differenti raggruppamenti tra di loro, che corrispondono ai sistemi vitali studiati dalle varie discipline scientifiche: neurologico, neurovegetativo, emotivo, endocrino, immunitario, sensoriale, motorio, sistemi profondamente interconnessi tra di loro (sistemi integrati).
Oltre alle funzioni un altro punto centrale del neo-funzionalismo riguarda l’individuazione, nella fase evolutiva, di esperienze fondamentali per la vita che il bambino attraversa, definite esperienze di base. Se attraversate positivamente e in modo continuativo, queste esperienze diventano capacità di fondo, o meglio funzionamenti di fondo (uguali in tutte le culture e presenti in tutte le fasi di vita), che sono all’origine, alla radice, dei vari pensieri, emozioni, gesti e atteggiamenti espressi nelle diverse situazioni e contesti. Ciascuna esperienza di base è individuata in modo chiaro ed essenziale da una precisa configurazione funzionale, vale a dire dalle modalità in cui le varie funzioni psico-corporee si situano tra le due polarità rispetto alle quali possono variare (simpaticonìa – vagotonìa; tenerezza – durezza; posture aperte – posture chiuse; voce forte – voce flebile; paura – tranquillità e così via).
In tal modo è possibile seguire l’andamento dello sviluppo evolutivo valutando se il bambino/la bambina conservano armonia, benessere, salute, e la possibilità di sviluppare pienamente le proprie potenzialità (come metodologia per la prevenzione). Ma i funzionamenti di fondo permettono anche di intervenire in psicoterapia, dal momento che con il neo-funzionalismo si segue un progetto terapeutico calibrato sulla persona, volto a recuperare proprio quei funzionamenti di fondo che sono diventati alterati o carenti per eventi avversi, negativi, nella vita della persona. Questi interventi vengono attuati sinergicamente sui vari livelli del Sé (cioè sui vari sistemi integrati).
Completa la visione del Neo-Funzionalismo il concetto di attività umane, ovvero tutto quello che l’essere umano mette in atto nella propria vita per realizzare sé stesso e il rapporto con gli altri. Ciascuna attività umana è resa possibile proprio grazie a ben determinati funzionamenti di fondo che la sostengono e sui quali è possibile concretamente agire.
Rispoli, elaborando il pensiero funzionale, affronta il paradigma della complessità in una ipotesi iniziale di teoria complessiva del Sé, ipotizzando una teoria integrata e unitaria della personalità e della psicoterapia.
Psicoterapia Funzionale
La psicoterapia ad indirizzo funzionale affronta la complessità della persona, prendendo in considerazione tutti i fenomeni che la riguardano, sia mentali che corporei. Ad ammalarsi non è il corpo o la mente, ma l’intero organismo.
Squilibri, problemi e difficoltà nella vita, e le stesse malattie fisiche e psichiche sono riconducibili tutti ad alterazioni e carenze dei funzionamenti di fondo, vale a dire quei meccanismi psicofisiologici e psicobiologici che sono alla base di comportamenti, pensieri, emozioni, atteggiamenti, gesti e movimenti. Nella psicoterapia funzionale la diagnosi è la valutazione del funzionamento complessivo del soggetto sui vari piani del Sé e, soprattutto, di come si sono andate conservando o alterando le esperienze di base (funzionamenti in età evolutiva) nella vita dei pazienti.
La diagnosi, quindi, non è né sui sintomi né sui comportamenti, ma è sui funzionamenti di fondo del soggetto, calibrata sulla persona con la sua specifica storia, la sua unicità, la sua configurazione del Sé. E’, quindi, possibile differenziare, ma anche paragonare una situazione all’altra, inquadrando le vicende singolari in una più ampia vicenda generale. È possibile realizzare diagnosi precoci, predittive, poiché vengono valutati i disfunzionamenti già esistenti prima dell’insorgere delle vere e proprie patologie. Nell’integrazione tra il corporeo e il mentale, la psicoterapia funzionale recupera sensazioni interne relative ad epoche molto precoci della vita dei pazienti; il cambiamento, quindi, non riguarda solo il cognitivo e le emozioni, ma anche i sistemi psicofisiologici e neurobiologici (i sistemi integrati).
Una delle idee di fondo è quella di utilizzare modalità di intervento e tecniche che si rivolgono ai vari piani psico-corporei che costituiscono il Sé (i vari sistemi integrati), perché nel momento in cui si producono disfunzioni, alterazioni, patologie, i vari piani del Sé si disconnettono tra di loro e restano chiusi in cortocircuito senza più corrispondere alle condizioni esterne. E si è osservato che posture croniche ripetitive , o tensioni muscolari continuativamente elevate, o un respiro toracico cronico, o ancora neurotrasmettitori che tendono alla attivazione anche quando non è necessario, possono essere modificati con un intervento che non sia diretto alla sola consapevolezza o al solo piano emotivo, ma a più piani psico-corporei.
La Psicoterapia Funzionale recupera i funzionamenti di fondo che si erano persi o alterati (cioè le esperienze basilari del Sé ostacolate nello sviluppo evolutivo del soggetto). Il processo si sviluppa per fasi sequenziali (seguendo un determinato progetto terapeutico centrato sul paziente), nelle quali si modifica sia la relazione terapeutica stessa sia ciò che accade in terapia.
Per il neo-funzionalismo il processo terapeutico è costituito da una narrazione storica (rappresentata dall’unicità di ciò che accade tra quel paziente e quel terapeuta), ma anche da una narrazione scientifica (rappresentata da “nodi” del processo terapeutico, uguali e regolari in ogni terapia). I cambiamenti avvengono secondo degli andamenti precisi, un’evoluzione che segue determinate leggi. Nella Terapia Funzionale è il terapeuta ad assumersi, soprattutto nelle fasi iniziali, la responsabilità dell’andamento del processo terapeutico, prendendo pienamente in carico il paziente, dal momento che questi non conosce i funzionamenti della terapia e che ha anche bisogno di potersi affidare pienamente a qualcuno che l’aiuti. Il paziente deve poter fare il suo “mestiere di paziente”; per cui non si parla più di resistenze ma di ovvie impossibilità a modificare il proprio comportamento su un determinato piano funzionale; è, quindi, il terapeuta che, prendendosi in carica la relazione, deve sapere verso quale direzione ed in che modo portare il paziente a recuperare i funzionamenti carenti superando le impossibilità prima esistenti.
Il terapeuta è un Sé ausiliario che guida il paziente verso una nuova strada con la sua presenza attiva ed il suo supporto, attraverso l’uso della voce, della prossemica e dei movimenti. È, inoltre, il genitore nuovo, un genitore positivo che, con empatia e vicinanza, incoraggia, stimola e aiuta il paziente ad avere una nuova possibilità, per rivivere positivamente le esperienze di base che hanno subito alterazioni o sono rimaste chiuse nel corso della sua vita.
Scuola di Psicoterapia Funzionale
L’esercizio di ogni tipo di attività psicoterapeutica, come indicato nel punto 3 della legge Ordinamento della professione di psicologo, è subordinato a una specifica formazione professionale, da acquisirsi dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia, presso scuole di specializzazione universitarie o istituti privati riconosciuti dal MIUR. La Scuola di Formazione in Psicoterapia Funzionale nasce nel 1983 (quando non esisteva ancora il riconoscimento delle Scuole da parte del Ministero), ed era costituita da 300 ore annue per 4 anni, con l’obbligo della terapia personale e di un tirocinio svolto in attività Funzionali cliniche e di prevenzione.
Nel 2000 la Scuola viene riconosciuta dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) per le sedi di Napoli e Firenze, e successivamente per le sedi di Catania, Padova, Roma e Trieste. Gli istituti che utilizzano l’approccio del neo-funzionalismo sono attualmente dodici: Agrigento, Benevento, Brescia, Catania, Firenze, Lecce, Messina, Padova, Palermo, Roma, Trieste.
La Scuola Europea di formazione in Psicoterapia Funzionale è riconosciuta anche dall’EABP (European Association for Body-Psychotherapy) dal 1999 e dal CSITP (Comité Scientifique Internationale de Therapie PsychoCorporelle) dal 1987. È iscritta, inoltre, al CNSP (Coordinamento Nazionale delle Scuola in Psicoterapie).
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