Scuola di Psicoterapia: Il concetto di “Resilienza” in Psiconcologia Pediatrica e Psicologia Funzionale
Scuola di Psicoterapia
Il concetto di “Resilienza” in Psiconcologia Pediatrica e Psicologia Funzionale
Rino Taormina – Psicologo, Psicoterapeuta Funzionale
Nel corso degli ultimi anni nei contesti ospedalieri oncologici è diventata sempre più evidente la necessità di far fronte alle problematiche dei pazienti anche dal punto di vista psicologico, attraverso progetti e interventi terapeutici, cercando di garantire una qualità di vita sia durante i trattamenti medici che successivamente, a lungo temine.
Il concetto di “guarigione” oggi infatti non rimanda soltanto ad un recupero della condizione biochimica di ogni paziente, ma si cerca sempre più di tenere conto della complessità di ogni individuo, nella sua unitarietà mente-corpo. A tal fine durante un lungo intervento farmacologico, come quelli utilizzati per contrastare tutte le patologie neoplastiche, diventa indispensabile affiancare un intervento che possa sostenere le principali funzioni emotive e cognitive. Questo è ancora più evidente in un contesto pediatrico, in quanto i giovani pazienti affrontano delle cure che andranno a mettere a repentaglio la soddisfazione di alcuni “bisogni fondamentali”. Ormai da anni i principali centri di oncologia pediatrica strutturano un intervento che guarda l’evento malattia nella sua interezza, considerando anche le sue innumerevoli ripercussioni emotive e relazionali. Per questo si è fatta avanti una nuova disciplina definita Psicologia Oncologica, o Psiconcologia, che si occupa in maniera privilegiata e specifica della vasta area delle variabili psicologiche connesse alla patologia neoplastica. Spesso gli addetti ai lavori si sono impegnati a definire le complesse problematiche psicologiche ed emozionali che interessano la maggior parte dei pazienti affetti da cancro. L’interesse è stato focalizzato in particolare sugli aspetti più soggettivi del paziente, attraverso i suoi sintomi, le sue sofferenze e le ripercussioni di questa esperienza anche a livello sociale. La Psiconcologia affronta il problema della possibile relazione tra fattori psicologici ed emozionali e la malattia neoplastica (organica) e nel fare questo tenta di capire:
- Se i fattori psicologici giocano un ruolo nell’etiologia del cancro, e quindi nella prevenzione.
- Se i fattori psicologici incidono sull’evoluzione clinica delle neoplasie.
- Quali interventi psicologici e psicoterapeutici possono migliorare la qualità della vita durante il trattamento e successivamente.
Per fare questo molte ricerche negli anni hanno cercato di definire, da una parte, la particolare esperienza di malattia e le possibile reazioni all’evento stesso e, dall’altra, le possibili conseguenze a lungo termine di un evento di vita tanto gravoso dal punto di vista psicologico. Rispetto alla valutazione delle reazioni (comportamenti) che ogni individuo può esprimere, e alla gestione dell’evento, la psicologia Cognitiva soprattutto ha dato una chiave di lettura definendo gli “stili di Coping” (orientati sul problema, sull’emozione e sulla relazione), ovvero gli stili comportamentali più ricorrenti, con tutte le considerazioni legate all’appropriatezza o no di questi nella gestione della malattia. In questo modo ogni operatore psicologico, dopo avere definito questi stili comportamentali, è invitato ad orientare il paziente e la famiglia verso uno stile più utile per la gestione degli eventi. Rimandando genericamente agli strumenti, all’esperienza e alla personalità di ogni singolo operatore.
Soprattutto in ambito pediatrico invece sono stati anche numerosi i lavori che volevano descrivere il possibile “trauma” a lungo temine[1] legato all’evento malattia. Era di comune convinzione che un’esperienza tanto dolorosa, durante la giovane età, comportasse nel lungo periodo danni allo sviluppo della personalità e all’inserimento sociale. La maggior parte di queste ricerche si sono orientate principalmente sulle possibili conseguenze psicologiche negative della malattia. Contrariamente a quanto si riteneva più probabile le varie ricerche però non hanno evidenziato elevati livelli di disturbi psicopatologici (stress, depressione, ansia, disadattamento sociale). Valutando globalmente i risultati si può rilevare che, pur utilizzando strumenti volti a individuare lo stress post traumatico, questo fattore è stato documento in una limitata percentuale di guariti, compresa tra il 25 e il 40 %.
A partire dagli anni ’90 si è sviluppata allora una linea di ricerca definita psicologia positiva, orientata a studiare le risorse psicologiche e contestuali che promuovono lo sviluppo cognitivo e affettivo e un soddisfacente adattamento all’ambiente, sia in persone definite normali sia in coloro che hanno fronteggiato e/o superato situazioni altamente stressanti o traumi. Nell’ambito di queste osservazioni è stato quindi teorizzato che un individuo, già a partire dall’età pediatrica, può esprimere buone capacità di adattamento in situazioni altamente problematiche facendo emergere risorse personali latenti non evidenziate in precedenza. L’insieme di queste risorse è stato definito “Resilienza”[2].
Il concetto di resilienza, preso in prestito dalla fisica che lo usa per definire la caratteristica di alcuni metalli di tornare allo stato originario dopo una deformazione liberando energia nell’ambiente, richiama, in psicologia, la capacità di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. Sono persone resilienti quelle che immerse in circostanze avverse tendono a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino raggiungere mete importanti. Uno studio eseguito su giovani adulti[3], dopo varie forme di tumori o leucemie, ha segnalato accanto ad alcune difficoltà, cambiamenti positivi quali:
- maggiore maturità psicologica.
- maggiore empatia e solidarietà verso gli altri.
- acquisizione di nuovi valori e priorità .
- sviluppo di nuove capacità nell’affrontare le difficoltà della vita.
“è possibile definire quali Esperienze di base contribuiscono a garantire una buona qualità di vita, durante e dopo un evento malattia” |
Il lavoro svolto dal servizio di Psicologia nel centro di Oncologia Pediatrica di Palermo è orientato, ormai da molti anni, a sostenere le famiglie e i giovani pazienti durante il percorso di cura. Ogni famiglia viene presa in carico già nelle prime fasi di comunicazione della diagnosi; ogni famiglia viene orientata e guidata per gestire al meglio l’impatto con la malattia. Nel corso della cura invece i vari interventi terapeutici vengono attivati per la gestione di sintomi o difficoltà legate agli eventi.
I concetti chiave della Psicologia Funzionale hanno dato un indispensabile aiuto nella definizione di questo lavoro; è possibile definire infatti quali Esperienze di base contribuiscono a garantire una buona qualità di vita, durante e dopo un evento malattia.
Durante il biennio 2014-2015 sono state accolte 65 nuove famiglie. Seguendo l’andamento degli eventi, delle richieste di intervento al servizio di psicologia, dei sintomi e valutando le competenze genitoriali durante questo periodo, è stato possibile descrivere una buona percentuale di famiglie (40%) caratterizzate da un buon adattamento agli eventi, con una certa capacità di far circolare le emozioni attraverso una comunicazione chiara all’interno della famiglia. In questi casi l’intervento è stato quasi assente se non in termini informativi e di promozione del benessere (famiglie comunemente definite come Resilienti). Il 38% delle famiglie erano invece caratterizzate da alcune difficoltà espresse in termini di adattamento e comunicazione; problemi spesso risolti con interventi di supporto alle competenze genitoriali e brevi interventi di promozione del benessere individuale (famiglie mediamente resilienti). Una certa percentuale di famiglie (22%) invece ha espresso notevoli difficoltà ad adattarsi al contesto e a gestire la malattia; in questo caso sono stati numerosi gli interventi di psicoterapia e di riequilibrio per la risoluzione di sintomi, spesso legati ad un controllo alterato, e alla scarsa chiarezza nelle modalità comunicative (famiglie non resilienti).
Il lavoro svolto “con chi si è rivelato meno resiliente” si è orientato a supportare previste Esperienze di Base. Ognuna delle EBS è indispensabile durante l’intero arco di vita[4], ma alcuni sintomi e difficoltà osservate (durante il trattamento medico ma anche dopo la fine delle terapie) hanno ricondotto ad una carenza delle competenze genitoriali nel garantire l’Essere capiti, l’Essere portati, l’Essere guidati negli eventi e nelle sensazioni provate, l’Essere protetti; si è osservata una difficoltà a creare un clima familiare capace di portare con sé un’adeguata aspettativa positiva, la Calma, lo Stare, la possibilità di Allentamento del controllo, al fine di conservare uno stato di benessere anche in un momento tanto incerto.
È possibile allora ricondurre la resilienza ad un precisa configurazione del Funzionamento della famiglia. Alla base delle famiglie resilienti è possibile individuare la capacità di Sentire e riconoscere con chiarezza le emozioni e le percezioni, comunicarle all’interno della famiglia, di conservare un contatto buono (nonostante l’incertezza e la paura), di fare sentire la protezione, la forza e la consistenza nel mostrarsi. Guardando a questa configurazione di base è possibile capire meglio perché alcuni pazienti esprimono una maggiore maturità psicologica ed una maggiore capacità ad affrontare le difficoltà.
Al contrario, alla base dei contesti e dei pazienti meno resilienti, spesso si trovano genitori con difficoltà comunicative, difficoltà di riconoscimento di sensazioni ed emozioni, un eccesso di pensieri negativi, una scarsa tendenza al contatto, poca calma, elevato e cronico stato di allarme e di controllo; un’alterazione del funzionamento non direttamente legato agli eventi di malattia. Ogni evento (stressante) rimanda a una valutazione e rivalutazione soggettiva del singolo individuo, attraverso l’organizzazione funzionale della persona. L’evento malattia produce un impatto su tutto l’organismo, sulla famiglia; il tipo di impatto dipende dalle caratteristiche del gruppo famiglia e dell’organismo di chi si ammala, e cioè dalla configurazione della modalità di funzionamento di tutti i processi funzionali del sé, che definiscono il concetto di Filtro Funzionale della Percezione[5].
L’intera persona è la lente attraverso la quale passano gli eventi stressanti, con le sue peculiarità. Le caratteristiche del Filtro, che orientano l’esperienza in una direzione o nell’altra, risentono delle antiche esperienze del Sé, che possono aver assunto coloriture di positività o negatività. Se il filtro Funzionale Percettivo nella sua organizzazione non è eccessivamente alterato l’evento stressante produce uno stress acuto, con un’attivazione solo momentanea dei processi di attivazione. Questa reazione momentanea dà un feedback positivo all’individuo, che si percepisce come capace di reagire positivamente e di gestire con buone capacità l’evento. Al contrario nella sua condizione alterata il filtro porta il soggetto a percepire in maniera sproporzionata quello che succede e a una precisa sensazione di incapacità di gestire gli eventi. Le famiglie, i pazienti, che verranno successivamente definiti come resilienti sono quelle che riusciranno a soddisfare precisi bisogni durante il periodo della cura. La famiglia offre un ambiente e una modalità più o meno utile che può bilanciare, riequilibrare le numerose deprivazioni, dolori e alterazioni che di per sé la malattia promuove. Questo può portare questi ragazzi a sentire ancora di più la capacità di riorganizzare la propria vita a lungo termine. Quando questo non è possibile bisogna intervenire attraverso un lavoro mirato a sostegno del funzionamento dell’individuo, al fine di conservare uno stato di benessere anche quando la vita porta ad affrontare eventi tanto destabilizzanti[6].
Bibliografia:
Alosio, Tremolada M., Pillon M., Analisi longitudinale della sintomatologia post traumatica su 61 genitori di bambini malati di leucemia dalla diagnosi allo stop terapia, (2010)
Bertolotti M., Massaglia P., Psiconcologia in età evolutiva, (2011)
Rispoli L., Esperienze di Base e sviluppo del Sé,( 2004)
Rispoli L., Di Nuovo S., Genta E., Misurare lo Stress, ( 2000)
Taormina C., Balsamo F., Senso e significato della malattia nel bambino oncologico,( 2004)
Taormina C., D’agostino G., Il Processo di Guarigione in OncoEmatologia Pediatrica, indagine Funzionale su un gruppo di lungo sopravviventi (2009)
[1] “Analisi longitudinale della sintomatologia post traumatica su 61 genitori di bambini malati di leucemia dalla diagnosi allo stop terapia”, Alosio, Tremolada M., Pillon M. 2010
“Psiconcologia in età evolutiva”, Bertolotti M., Massaglia P. 2011
“Senso e significato della malattia nel bambino oncologico”, Taormina C., Balsamo F. 2004.
[2] “La promozione della Resilienza: un nuovo paradigma dell’oncologia Pediatrica”, Masera , Bianchi, Delle Fave, 2012
[3] “Thematic evidence of psychosocial thriving in childhood cancer survivor”s, Perry C., 2005
[4] Esperienze di Base e sviluppo del Sé, Rispoli L., 2004
[5] Misurare lo Stress, Rispoli L., Di Nuovo S., Genta E., 2000
[6] Il Processo di Guarigione in OncoEmatologia Pediatrica, indagine Funzionale su un gruppo di lungo sopravviventi, Taormina C., D’agostino G.,
Commenta con il tuo profilo social preferito: